mercoledì 22 giugno 2022

Sconti meno scontati di quanto sembra.

Riprendo il discorso sugli sconti, invertendo il ragionamento per calcolare quanto è lo sconto in certe offerte che sembrano ben più vantaggiose di quello che sono nella realtà. Perciò facciamo alcuni esempi. 


Sconti fino al 70%.

Cosa leggete? "Sconti 70%"? NO! Io l'ho scritto in piccolo ma vi assicuro che c'è (se copiate e incollate il testo allora vedrete tutto). Fra "sconti" e "70%" c'è scritto "fino al". E spesso nei negozi è proprio così, con un microscopico "fino al", scritto magari anche di traverso, vicino ad una percentuale scritta in caratteri cubitali.

Inutile dire che l'oggetto che volete voi, poi, è scontato di meno, a volte anche poco.

Vabbè, questo era poco più di uno scherzo, veniamo a qualcosa di più matematico.


Compra due prodotti, sul secondo* hai il 50% di sconto.

Qui, stavolta, magari in piccolissimo c'è un asterisco. Questo sta ad indicare che per secondo si intende quello con il prezzo più basso (e fin qui niente di strano), e poi, se viene scritto così è perché quella percentuale così alta induce comunque a pensare ad uno sconto complessivo del 50%, o magari poco menoi, che, è facile capirlo, non è proprio quello che troveremo sullo scontrino.

In realtà lo sconto massimo è del 25%, e questo massimo si ha quando i due prodotti costano lo stesso prezzo, o magari sono proprio uguali. Se prendo due cose che costano 50 € l'uno, li pagherò rispettivamente 50 e 25 €, e, quindi, insieme, 75 € anziché 100. 25% in meno, dicevo.

Se i prezzi sono diversi, purtroppo, la percentuale di sconto tende ad abbassarsi sempre di più: se i prezzi sono di 100 e 10 €, avro uno sconto di 5, che è pari soltanto a poco più del 4,76%.

Lo scopo dell'offerta è, quindi, di farti prendere un secondo prodotto, abbastanza caro da avere un risparmio consistente, che magari non vi serve del tutto, e che vi fa scordare che il primo, quello da cui siete partiti, alla fine, non vi fa risparmiare neanche un centesimo!


Approfitta del 3 X 2, oppure dell'offerta 1 +1.

Bene, comprando una o due cose in offerta, me ne porto a casa una gratis.

Più che pensare che al prodotto in omaggio bisogna considerare che praticamente si ha uno sconto, vero e facile da calcolare, rispettivamente del 33,33% e del 50%, vantaggioso soprattutto se i prodotti che portate a casa in più servono realmente. Anche qui, però, lo sconto non può dirsi puro perché obbliga ad acquistare più prodotti.


Non si paga l'IVA!

Ovviamnte è un modo di dire, nel senso che si paga come se non ci fosse l'IVA, ma l'importo è ridotto in proporzione (e l'IVA è regolarmente pagata) ed il prezzo finale è come sarebbe se l'IVA non si pagasse.

Dando per scontato che l'IVA sia del 22%, lo sconto però non è di un illusorio 22%, ma di un reale 18,04% circa, perché l'IVA non è il 22% del costo del prodotto, ma dell'importo al netto dell'IVA, che è più basso del lordo.

Non mi impegno, qui, a mettere formule giustificative di quanto affermato. E se non vi fidate, andate a leggere le clausole che ci saranno comunque in piccolo, dove si ammetterà che lo sconto reale è della percentuale che ho scritto.


In regalo un buono di 10 € sulla tua prossima spesa!

Spesso è spiegato così, facendo un esempio: se spendi almeno 50 € ti regaliamo un buono di 10 € sulla tua prossima spesa, magari da fare il mese successivo! E magari anche quella di almeno 50 €!

La percentuale dello sconto va calcolata dunque sulla somma degli importi delle due spese, che è, nell'esempio, almeno 100 €. Quindi, la percentuale di sconto massima, sempre nell'esempio, è al massimo del 10%. Meglio quindi, se possibile, fare la spesa a blocchi che superino di poco l'importo richiesto per avere il buono, e collezionarne quindi un certo numero, sempre che si possa tornare e spendere nuovamente per riscattare il credito.


Le raccolte punti.

Ah, su queste ho delle opinioni che voglio motivare con calma e quindi preferisco parlarne in un altro, apposito post. 


Meglio una lavatrice scontata di 5 € o una confezione di caffè (da dieci euro) a metà prezzo?

Beh, in questo caso la lavatrice potrebbe costare 500 €, e quindi ho un risparmio dell'1%; il pacco di caffè mi fa risparmiare sempre 5, ma con uno sconto del 50%.

La mia opinione in questo caso potrebbe sembrare in contrasto con le considerazioni fatte finora: le due offerte non sono in contrasto tra loro, né sono una alternativa all'altra. In mancanza di occasioni od offerte migliori, l'acquisto della lavatrice mi fa rimanere in tasca la stessa somma che risparmio col caffè, quindi (incredibile a dirsi?) vanno bene entrambe nello stesso modo.

Ho estremizzato l'esempio che comunque, sempre secondo me, un risparmio piccolo (e quasi ridicolo in termini di percentuale sul prezzo) è comunque sempre meglio che nessun risparmio. E che il risparmio in valore è più importante di un risparmio in percentuale, ovviamente quando non sono previste opzioni migliori.


E cos'altro conta di più, alla fine?

La cosa migliore, quindi, è portarsi a casa un bello sconto su quello che ci serve, spendendo di meno e senza gli obblighi di quantità o di tornare e comprare di nuovo. Chissà perché, ma mi sembra che uno sconto per esempio del 40% abbia meno attrattiva di un 3 X 2 (una fascinazione doppiamente irrazionale, per quanto abbiamo detto).

Se alla fine di ciò, restate dell'idea che un'offerta vale l'altra, che di fronte ad una promozione non valga la pena di cercarne una migliore, che gli sconti nascondano sempre e comunque una fregatura, perché evocano la prospettiva di dovere orientarsi fra numeri e percentuali... beh, allora scusatemi ma proprio non vi capisco.




giovedì 3 marzo 2022

Sconti e saldi: ma quanto costa?

Qualche volta (...spesso) ci si può trovare in difficoltà quando si tratta in fretta (senza calcolatrice, e senza poter usare la calcolatrice del telefonino...) di fare il calcolo di un importo che ha uno sconto (ed il prezzo scontato non viene indicato!), come, per esempio: vedo in un negozio un paio di scarpe che costavano 80 euro, devo sapere quanto costano visto che sono in vendita con lo sconto del 30%. Cercherò di spiegare un sistema per facilitare questo tipo di calcolo, sperando che possa essere utile per i prossimi saldi!

Voglio anche parlare dei trucchi con i quali nei negozi uno sconto lo fanno sembrare più alto di quello che viene offerto nella realtà, ma lo farò in un altro post.

Detto comunque P il prezzo originale, s la percentuale di sconto, la formula per calcolare lo sconto S è:

S = P * s / 100

Uso il simbolo asterisco per indicare la moltiplicazione.

Il nuovo prezzo p è quindi:

p = P - S = P - P * s / 100 = P * ( 100 - s ) /100

L'ultimo passaggio l'ho scritto nel modo che mi sembra più facilmente leggibile, perché 100- s non è altro che la percentuale del prezzo che si paga, ed è quasi sempre immediatamente calcolabile.

Se, come nell'esempio, lo sconto è del 30%, è evidente che la percentuale che si paga è pari a 70. Quindi nell'esempio il nuovo prezzo p è dato da p=80*70/100=56.

Il conto è molto più semplice se dello sconto io posso considerare solo le decine, perché magari lo sconto è una cifra tonda.

In questo caso la formula è:

p = P / 10 * ( 100 - s ) / 10

Fin qui le formule, che ora abbandonerò. Questa ultima, poi, è (me lo dico da solo) un obbrobrio matematico, ma in realtà serve per semplificare i calcoli se le cifre sono tonde (prezzo in decine e sconto in decine), o si può arrotondare senza perdere significato; per esempio, se il prezzo originario è di € 149, posso considerarlo € 150, sapendo che poi sull'importo scontato devo togliere una piccola somma inferiore all'arrotondamento effettuato. È importante dirlo, perché sapete già che non troverete mai una cosa che costa 100 €, ma sempre un importo compreso fra 99 e 99,99 €!

In questo caso, quindi, basta moltiplicare il prezzo senza lo zero delle unità (matematicamente parlando, significa diviso per 10) per l'importo non scontato anch'esso senza lo zero (cioè diviso per 10).

Nell'esempio sopra il prezzo è 80 e (essendo lo sconto del 30%) la percentuale non scontata è 70.

Togliendo gli zeri a 80 e 70, ho 8 e 7, quindi il prezzo scontato delle agognate scarpe è 7 per 8 = 56!

Un giaccone che costa 199 € ed è scontato del 40%, considerando il prezzo arrotondato 200, essendo la percentuale del prezzo non scontato pari a 100-40=60, togliendo gli zeri ho 20 e 6, moltiplicati ho il prezzo scontato di 120 €.

Un'auto che costa 20.000 € ed ha il 20% di sconto sul prezzo di listino, considero il prezzo di 20 mila, accantono i "mila" e tengo i 20, la percentuale non scontata è 100-20=80, ho 20 e 80, tolgo gli zeri, restano 2 e 8, moltiplico e ottengo 16, ripristino i "mila" e la macchina scontata costerà 16.000 €. È comunque troppo? Mi dispiace, ma non è colpa mia. Aspettiamo un po', che lo sconto salirà al 40%, potremo comprarla a... ?


 

Cosa sono bit, byte, kilobyte, megabyte, gigabyte; quanto può essere grosso un file; come si misura la velocità di connessione

Spero che non vi sia mai capitato di veder sorridere il vostro interlocutore (o, peggio, di vedere un pizzico di compatimento nel suo sguardo) di fronte a vostre ardite e spericolate affermazioni del tipo: "Ho un hard disk di 100 kilobyte", "A casa ho una connessione di 100 gigabyte", "Il mio piano prevede 5 megabyte al mese", oppure alle domande: "Secondo te posso mandare per email un file di 300 kilobyte?", "Mi puoi spedire quel film che hai scaricato?".

Occorrerebbe fare un po' di chiarezza sul significato delle unità di misura in informatica (non le ripeto, sono quelle nel titolo, ma anche altre...) e sui loro rapporti; su come si misura la velocità di una connessione e come posso sfruttare la quantità di dati che mi concede il mio operatore internet; quanto spazio occupano un file di testo, un documento pdf, una foto o un film; qual è la capienza di un cd, di un dvd o quale può essere quella di una chiavetta od un hard disk interno o esterno.

Saprete molto probabilmente che l'unità di misura base in informatica è il bit, che si abbrevia con b (lettera b minuscola) e che si pronuncia come si scrive (il byte, lo vedremo, è un'altra cosa): il bit può assumere i due soli valori "0" ed "1" (che possono essere paragonati ale coppie falso e vero, spento e acceso, off e on). Sono soltanto due perché così è più facile categorizzarli e distinguerli: in parole povere, in un circuito, "zero" corrisponde al non passaggio di corrente, "uno" al passaggio di corrente; se i valori fossero di più, ad esempio 10 come le cifre da zero a nove, occorrerebbe dosare bene tutti i valori intermedi con il rischio di errate interpretazioni e quindi di errori.

Le sequenze di bit sono simili ai numeri interi, solo che, essendo composte di due soli elementi anziché dieci, si allungano più rapidamente. Il più significativo, come nei numeri interi, il primo della sequenza. Coi numeri abbiamo ovviamente 0, 1, 2, fino a 9, 10, 11; coi bit avremo 0, 1, 10, 11, 100, 101, 110, 111, 1000, 1001, 1010, 1011, 1100, 1101, 1110, 1111, 10000, 10001, eccetera.

Un byte, che si abbrevia con B (lettera b maiuscola) e che si pronuncia "bait", è, almeno nella formulazione definitiva, una sequenza di otto bit, come per esempio: "01101110".

Poiché un bit può assumere due valori diversi, un byte può assumere 2 x 2 x 2 ... (otto volte due) valori, ovvero 2 alla ottava valori, ovvero 256 valori diversi.

Prima di andare avanti a vedere i multipli del byte, devo però farvi notare che questi non vanno propriamente di mille in mille o (peggio) a volte sì e a volte no. Cosa vuol dire?

Un kilobyte, o, italianizzato, chilobyte, che si abbrevia con kB (a volte anche KB), vale 1.000 byte, o almeno così ha deciso una convenzione internazionale, visto che fino a qualche tempo fa poteva valere anche 1.024 byte (un numero scelto non a caso, perché 1.024 equivale a 2 alla decima, ovvero una potenza di 2, tanto per ribadire la "binarietà" del sistema...

Una convenzione spesso disattesa, perché se vado a cercare un file abbastanza piccolo sul mio pc, vedo che mi vengono date queste dimensioni: 14,7 KB (15.114 byte)

E infatti dividendo il secondo numero per 1.024 ottengo il primo (arrotondato).

Senza contare, che, usando unità di misura più grandi, la differnza si fa più evidente da un mukltiplo all'altro, tanto che vedremo poi, quando attacco al pc una chiavetta od un hard disk di dimensioni presunte note, poi non ho corripondenza fra i valori: io uso un disco esterno che mi è stato venduto come 2 TB ma il sistema operativo gli attribuisce solo 1,81 TB. Questo quindi perché il sistema operativo considera i vari multipli di 1.024 in 1.024, il fabbricante di 1.000 in 1.000, così si ottiene del resto un valore nominale più alto ed attraente.

Inoltre nelle prossime unità di misura vedremo per ora i multipli del byte, quindi nel simbolo la lettera B va sempre maiuscola, per non confondere per esempio il kilobyte con il kilobit che è un'altra cosa...

Adesso vediamo i multipli più grandi, ragionando di 1.000 in 1.000, tanto il ragionamento ormai lo sapete già.

Oltre il kilobyte viene il megabyte, che si abbrevia con MB, pari a 1.000 kilobyte.

1.000 megabyte fanno il gigabyte, che si abbrevia con GB.

Poi c'è il terabyte, che si abbrevia con TB, pari a 1.000 gigabyte.

Seguono misure più grandi, che seguono il sistema di denominazione intrernazionale, che però non servono per la quotidianità di tutti noi, anche perché se li usaste non stareste certo a leggere queste povere note...

In breve quindi, andando di 1.000 in 1.000, e usando le abbreviazioni, abbiamo: B, KB, MB, GB, TB.

Per le abbreviazioni di tutte queste unita di misura, anzi, multipli della stessa unità di misura, si usano dunque lettere maiuscole (a parte, come detto kB che equivale a KB).

Sarebbe inutile dire, ma lo faccio, che per fare confronti occorre guardare bene l'unità di misura, prima ancora che il valore: un file di 2 MB è più grande di uno di 600 KB, mentre ancora il file di 2 MB è pressappoco equivalente ad uno di 2.000 KB.

Faccio un po' di esempi, utili (...spero) per capire le proporzioni possibili e le unità di misura più adatte, non conta invece il valore numerico in sé, che ovviamnte varia di volta in volta.

Un file di testo (quelli con estensione txt), se contine poche parole, può occupare pochi bit, quindi per esempio può essere di 100 bit ovvero 100 b.

Un documento office non troppo grande può essere di 100 KB, ovvero valere non mille volte tanto, ma ottomila, perché siamo passati dal bit al byte.

Una fotografia può occupare da 200 KB (piccola e in bassa risoluzione, come quelle mandate su whatsapp) a 2 MB o 20 MB o più, dipende dalla dimensione, dalla risoluzione e dal numero dei colori.

Un file audio in MP3 di una canzone può valere qualche MB, facciamo 8 MB se di buona qualità.

Praticamente impossibile definire le dimensioni di un video, troppo dipendendenti dalla durata, dalla risoluzione, dalla qualità e da altri fattori.

Ancora, in breve: un CD contiene 650 o 700 MB, un DVD 4,7 GB (quelli normali a singolo strato), un BD (Blu-ray Disc) circa 25 GB.

Le chiavette USB o le memorie micro SD si misurano (per ora) in GB, per esempio 64, 128 o 256 (valori che sono potenze di 2, tanto per dire).

I dischi esterni possono valere qualche TB (1, 2, 3 o più).

Un'email con poco testo e senza allegati occupa pochi KB; se ci sono allegati dipende da questi, e comunque non può superare un certo limite imposto dal gestore della posta e che può variare.

Un file scansionato occupa purtroppo molto di più di un file prodotto digitalmente, e non può essere copiato senza un'opportuna elaborazione (ed è molto più brutto da vedere!).

Un messaggio vocale occupa molto più memoria del semplice testo, molto di più occupa una fotto e ben di più un video.

Quanto detto finora, dunque, indica le dimensioni applicabili ai dati, che siano dimensioni di un'unità di memoria, o di un file di qualunque tipo, di un hard isk, eccetera.

Diverso discorso è per la velocità, ad esempio quella teorica o effettiva di connessione, o di trasferimento di dati, che viene indicata con il rapporto fra la dimensione di dati e l'unità di tempo.

Subito un esempio: i vecchi modem erano definiti a 56 k; l'unità di misura è inesatta, perché si dovrebbe dire 56 kb/s, ovvero 56 kilobit al secondo. Occhio, stiamo già parlando di bit e non più di byte! Ricordate la differenza? Il segno / che indica il rapporto viene più spesso indicato con la lettera p che significa "per", e quindi si scrive kbps.

Una connessione ADSL è più veloce, per esempio può essere ad "8 mega"; anche qui in realtà si deve intendere 8 megabit al secondo, ovvero 8 Mb/s oppure 8 Mbps.

Anche qui, dunque, occorre quindi valutare l'unità di misura prima che il valore numerico: la connessione ad 8 Mbps è (molto) più veloce di quella a 56 Kbps: oltre cento volte più veloce!

Quella ad "un giga" della fibra ottica è (ovviamente) ancora più veloce: oltre cento volte più veloce dell'ADSL ad 8 Mbps. Ed ormai sapete anche che la connessione ad un giga significa ad un gigabit al secondo, ovvero 1 Gbps.

 

lunedì 24 luglio 2017

La geometria del televisore (e del tablet, e del cellulare...)

Torno, dopo un po' troppo tempo, a scrivere sul mio blog, per dire che ho acquistato un bel televisore 16:9 da 40".

Se avete ben chiaro che cosa voglia dire questa frase, bene, andate pure avanti col prossimo post. Altrimenti, se volete, fermatevi un attimo e chiedetevi che cosa significhino questi due "elementi":
  • 16:9, oppure 16/9, qualcosa che indica il formato dello schermo del televisore
  • 40", ovvero 40 pollici, una dimensione dello schermo.
Cominciamo con il parlare del secondo elemento, ovvero della dimensione dello schermo.

Solitamente, queste dimensioni vengono espresse in pollici; il pollice è un'unità di misura che equivale a 2,54 centimetri (circa, ma l'approssimazione è più che sufficente per il nostro scopo).
La misura che viene indicata (nel mio caso, 40 pollici) non indica né l'altezza né la larghezza, bensì la misura della DIAGONALE DELLO SCHERMO. Non tutta la tv, dunque: i bordi ed il piedistallo non vengono considerati, in questo caso; se si vuol sapere lo spazio che occupa l'intero televisore, in questo caso, occorre proprio andarsi a cercare le misure dell'apparecchio, che per fortuna, almeno qui in Italia, vengono indicate proprio in centimetri.

Il mio televisore la quaranta pollici ha dunque uno schermo la cui diagonale misura poco più di un metro.

Un televisore da 56 pollici ha una diagonale da più di 142 centimetri.

Un tablet da 9,7 pollici (l'iPad) ha lo schermo con la diagonale di circa 26 centimetri.

Sembra utile tutto questo? Si? Forse no, perché va bene la misura della diagonale, ma è sicuramente più concreto conoscere le dimensioni principali, ovvero base ed altezza.

E' ovvio che conoscendo la misura della diagonale potremmo calcolare quelle di base ed altezza, ma ci occorre qualcosa in più, ed ecco che entrano in ballo gli altri elementi indicati primma, quelli che indicano il formato dello schermo (16:9 nell'esempio di prima). I due numeri indicano la proporzione che c'è fra la base e l'altezza dello schermo tv. Non ancora, ovviamente le loro misure, ma solo la proporzione che c'è fra la base e l'altezza dello schermo. Nei manuali lo trovate chiamato anche "aspect ratio", tanto per saperlo...

Nell'esempio di prima dunque, se la base è proporzionale a 16, allora l'altezza è proporzionale a 9, ovvero, in parole povere, il televisore è alto un po' più della metà di quanto sia largo. I televisori vecchi avevano il formato 4:3, ovvero la base (proporzionale a 4) è solo un po' più lunga dell'altezza (che infatti è proporzionale a 3). E quindi gli schermi moderni sono molto più "schiacciati" di quelli vecchi, perché c'è molta più differenza fra 16 e 9 di quanta ce ne sia fra 4 e 3.

Al cinema, fra gli altri, si usa il formato 2,39:1, e quindi la base è di molto maggiore rispetto all'altezza. E infatti, proprio per questa differenza di formato, anche coi televisori nuovi si vedono i film con le strisce nere sopra e sotto. E' ovvio che questo avviene per com'è fatta la nostra vista: i nostri occhi sono uno accanto all'altro, e quindi vediamo molto di più da destra a sinistra che dall'alto in basso.

Anche coi tablet ed i cellulari si può fare lo stesso discorso sul formato dello schermo, ma normalmente non si fa perché, essendo lo schermo piuttosto piccolino, lo possiamo valutare a "vista", molto meglio di come possiamo farlo coi "numeretti".

Ritorniamo alla geometria, ovvero calcolare le dimensioni dello schermo; possiamo farlo così:
  1. conoscendo le misure di base ed altezza, calcoliamo la dimensione della diagonale, dapprima in centimetri e poi, con una semplice divisione, in pollici (e vedere quindi se la tv che ci hanno venduto è esattamente quella che ci hanno fatto credere);
  2. conoscendo la misura della diagonale in pollici, la ricalcoliamo in centimetri con una semplice moltiplicazione, e poi, conoscendo anche il formato, calcoliamo le dimensione della base e dell'altezza (questo secondo procedimento, preparatevi, è un po' più complicato del primo).
Non sto qui a spiegarvi le procedure, sappiate (a meno che non lo sappiate già) che passiamo, stavolta sì, alla geometria vera e propria, e che dobbiamo usare il teorema di...?

Bravi, avete indovinato. Però vi metto lì una tabella con un po' di esempi diciamo standard. E' tutto arrotondato al centimetro, stiamo giocando, i millimetri non ci servono!



mercoledì 4 maggio 2011

Condizione necessaria e sufficiente

Nell'enunciare (e nel dimostrare) proprietà e teoremi matematici si fa spesso confusione fra ipotesi e tesi, fra "A implica B", "condizione necessaria e sufficiente", "condizione necessaria ma non sufficiente", "condizione sufficiente ma non necessaria",e la famosa frase "se A implica B, allora <non B> implica <non A>".
Che cosa vogliono dire queste frasi?
Facciamo alcuni esempi, partendo da comuni frasi in italiano di tipo non matematico. Cominciamo con questa.
" Se fa bel tempo, allora esco. "
E' la frase più semplice. Ipotesi: "Se fa bel tempo...". Tesi: "...esco". E' una implicazione semplice. L'ipotesi implica la tesi, ovvero: "se e quando è vera l'ipotesi, allora si sa che è vera la tesi".
Ho fatto un'esempio di questo tipo per aggiungere una semplice considerazione di carattere logico-matematico: quello che proprio non va bene in questa frase è l'aleatorietà dell'ipotesi, ovvero non c'è un modo per dire con oggettività che l'ipotesi sia vera. Che cosa intendo, io, per "bel tempo"?
Attenzione, però: non ho dato nessun tipo di indicazione sul caso in cui non sia vera l'ipotesi, ovvero su che cosa succede se fa brutto tempo. Ovvero, la frase di partenza non implica affatto che "se fa brutto tempo, allora non esco". Si dice allora che sull'ipotesi opposta a quella di partenza (in questo caso, sarebbe "se fa brutto tempo") non sono state considerazioni di nessun tipo: se farà brutto tempo, uscirò o non uscirò. E' una ipotesi non presa in considerazione.
Perdonate l'insistenza, ma da quanto detto discende anche che non vale neanche l'inversione della frase in "Se esco, allora fa bel tempo", appunto perché ho precisato che, non avendo detto nulla sull'ipotesi "brutto tempo", potrei anche essere uscito lo stesso!
Però (e qui facciamo un bel passo in avanti), dalla frase di partenza discende naturalmente un'importantissima conseguenza, che nel nostro esempio si esprime come:
" Se non esco, allora fa brutto tempo. "

Lo aggiungo solo per chi lo ha già sentito dire, per indicare che è questo un caso a cui si applica la frase: dalla condizione che "A implica B" discende che "non B implica non A" (ma non discende che "non A implica non B", né tanto meno che "B implica A").

Ma rivediamo il tutto con un esempio matematico, proprio banale.
"Se n è multiplo di 4, allora è divisibile per 2"
Di per sè, direi che è evidente.
L'ipotesi A: "n è multiplo di 4".
La conseguenza B: "allora n è divisibile per 2".
Si dice che "A implica B".
Non vale che "B implica A", ovvero "Se n è divisibile per 2, allora è multiplo di 4" (per esempio, per n = 6).
Non vale che "non A implica non B", ovvero "Se n non è multiplo di  4, allora non è divisibile per 2" (per esempio, per n = 6).
Vale invece che "non B implica non A", ovvero "Se n non è multiplo di 4, allora non è divisibile per 2" (lo vedete?).

E quel discorso sulle condizioni necessarie e/o sufficienti?
Si dice che "condizione sufficiente affinché io esca è che faccia bel tempo"; ma non è una condizione necessaria, ovvero non è indispensabile che faccia bel tempo, perché potrei anche uscire con il brutto.
O anche: "condizione necessaria perché io non esca è che faccia brutto tempo"; ma non è sufficiente.
E: "condizione sufficiente perché un numero sia divisibile per 2 è che sia multiplo di 4"; ma non è necessario!
E, quindi: "condizione necessaria perché un numero non sia multiplo di 4 è che non sia divisibile per 2", ma non è... sufficiente, esatto!

L'ultimo sforzo, almeno per questo post:
"esco se e solo se fal bel tempo".
Questa frase è molto più stringente della precedente. In questa sì che valgono, in un colpo solo, tutte le frasi viste in precedenza, e cioè: "se fa bel tempo esco", "se non fa bel tempo non esco", "se esco, allora fa bel tempo", "se non esco, allora non fa bel tempo".
In questo caso, in linguaggio matematico, è bello dire:
"condizione necessaria e sufficiente perché io esca è che faccia bel tempo".
Grazie a tutti ed alla prossima!